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Ritratto sociale
In che modo ciascuno di noi può lasciare traccia di sé?
Da fotografo, il ritratto di un volto è stata la prima risposta. Questo infatti può raccontare tanti aspetti della persona, ma ragionando più a fondo ho pensato al modo in cui le persone interagiscono e si mostrano oggi. Per strada, al market, nei locali, lo sguardo si rivolge di continuo allo smartphone. L’attenzione è rivolta ad un oggetto che rappresenta il principale strumento di confronto con il mondo, un cervello di scorta al quale chiedere anche le cose più banali, uno specchio, una vetrina in cui mostrarsi come vorremmo che gli altri ci vedessero.
Ma chi siamo oggi? L’uomo ha preso coscienza di sé quando ha preso il potere sul linguaggio. Nel momento in cui ha iniziato a scrivere e a leggere, l’uomo ha lasciato un’impronta definita del proprio pensiero, una traccia di sé come individuo e al tempo stesso della propria civiltà. Con l’avvento degli smartphone tutti scrivono, ogni giorno. Dalle prime pitture rupestri, è cambiato tanto e allo stesso tempo pochissimo. Infatti nell’uso delle applicazioni come Messenger, WhatsApp, Viber… si usano sempre più spesso le emoticons, piccole icone rapresentative di espressioni facciali, oggetti e situazioni che sostituiscono molto spesso l’uso delle parole. Anche il linguaggio scritto è cambiato, infatti nell’uso di queste app si parla di “linguaggio colloquiale” (scrivo come parlo).
Che relazione c’è tra quello che scriviamo, come scriviamo e noi stessi? Ultimo Accesso è una risposta a questa domanda. Un grande ritratto collettivo, senza facce, ma con due elementi che possono raccontare chi siamo: le nostre mani e il nostro smartphone.